Videozone per il Trieste Film Festival
In questo momento particolarmente oscuro dal punto di vista sociale e politico, infittire le relazioni culturali con i paesi della “Nuova Europa” è un dovere per una città come Trieste, terra dai confini mentali più soffocanti di quelli che stanno per sparire.
In quest’ottica Alpe Adria Cinema collabora per la prima volta con la neonata Associazione Cizerouno che si occupa di cultura contemporanea e nello specifico di espressività artistica. Per il Trieste Film Festival ha ideato e curato videozone. Si è voluto affrontare una volta di più quella forma d’arte che è il video. L’Est è un territorio in cui la videoarte è particolarmente frequentata ed è per questo motivo che ci è sembrato opportuno proporne il suo inserimento in un festival attento e ripettoso di fenomeni quali la contaminazione e l’ibridazione.
Il video si fonde col cinema e con l’arte; la rassegna videozone è un repertorio di immagini dell’Est realizzato proprio grazie alla collaborazione attivata da Cizerouno con prestigiose istituzioni e realtà operative quali Muzej Suvremene Umjetnosti (Croazia), IFA (Germania), Bunkier Sztuki (Polonia), Dom Umeni Brno (Repubblica Ceca), ZDSLU (Slovenia).
Tenendo in considerazione il modo di fruizione della rassegna (videoinstallazione) sono stati selezionati 10 video. Alcuni lavori (Bučar, Polat) sottolineano un fare poetico in cui la tecnologia si umanizza: il sentimento e l’emozione prevalgono sulla freddezza del media. Oppure c’è chi come Poljak riguardando agli anni ’80 predilige l’effetto estetizzante trasformandolo in un’ottica psicologica esistenziale. La polacca Brillowska punta tutto sulla scenografia dall’effetto espressionista, facendo il verso (con ironia) ai grandi dell’avanguardia targata anni ’20. Rogic, lavora con lunghi piani sequenza, rubando dalla tecnica cinematografica per andare ad indagare lo skyline di architetture. Toporowicz fissa l’ossessione per la fisicità, legandola ad una sottile perversione, raffinata ed elegante, oppure rilegge vecchi film noir e horror per un pot pourri notturno. Infine, Wasilewski continua, innovandola, la tradizione del film astratto in cui i pixel sono chiamati a costruire un ambiguo impressionismo o le tende veneziane sono usate per giochi di luce alla Man Ray.