La stradina brecciosa che costeggia il porto fluviale, l’unico scavato tra i tanti che Aquileia vantava, occupa il letto della più grande tra le vie d’acqua dell’antica città.
Il fiume era largo cinquanta metri. Camminiamo dunque dove manovravano le navi, e fa un po’ effetto. Rampe, scalini, banchine e magazzini: i ruderi del porto, maestosi, cantano la laboriosità di questo vecchio scalo di questa vecchia grande città, la principale della Regio X, raccordo per numerose strade romane, sia dell’asse nord-sud che di quello ovest-est, come per le rotte mare-fiume. Ambra dal Baltico, metalli dal Norico, olio dall’Istria e dalla Spagna, e tante altre merci ancora transitavano da questa grossa porta girevole dei tempi antichi. Vediamo altre parti dell’area archeologica, tra cui il foro e il lapidario. Sono sparsi all’interno della città contemporanea, circondati da case e costeggiati da strade. La regionale 352, che spacca in due Aquileia, prende il nome di Via Giulia Augusta. Inevitabile, o quasi. Ad Aquileia non si smette di scavare. Gli studenti della professoressa Marina Rubinich, dell’Università di Udine, stanno facendo affiorare lentamente i resti delle terme. Polvere, pennelli, pale, secchi, carriole. Quest’area, per loro, è una valida palestra. Nicole Botter è ai primi scavi. Duri ma stimolanti, ci dice. Michela Fiorini viene qui da tre anni. Quest’anno non doveva, ma alla fine non ha resistito: Aquileia le mancava, confessa.
Aquileia, fondata nel 181 a.C., divenne presto un grande emporio al capolinea delle rotte adriatiche. Non era dotata di un solo porto, come farebbero pensare i resti oggi visitabili, ma di un articolato sistema portuale: lungo le vie d’acqua, naturali o artificiali, che la contornavano, vi erano più punti di attracco attrezzati. Della sua vocazione commerciale parlano gli scrittori antichi e la straordinaria varietà di oggetti importati da ogni parte del Mediterraneo.
Andiamo alla basilica, testimonianza della grande storia patriarcale: Aquileia non è solo un sontuoso contenitore archeologico. Troviamo un folto gruppo di turisti in fila per entrare nell’edificio.
Dovranno attendere un po’, perché c’è una messa in corso. Saliamo in cima al campanile per affacciarci sul paesaggio. Il mare, la pianura e le alture a nord. E pensiamo di nuovo al viaggio dell’olio dall’Istria al Norico. Visitiamo successivamente il Cimitero degli Eroi, camposanto monumentale ma non pomposo della Grande guerra, cinto da mura e cipressi. Qui trovano riposo dieci delle undici salme tra le quali fu scelta quella del Milite ignoto, trasportata all’Altare della Patria nel 1921. Leggiamo sulle lapidi del cimitero i nomi dei caduti e la data del loro sacrificio, pensando a quanto fu terribile e amara quella guerra di trincea che sconvolse il Friuli Venezia Giulia, l’Italia e l’Europa intera, provocando un numero di vittime mai visto prima, ridisegnando lo scacchiere geopolitico continentale e aprendo di fatto il Secolo breve, con le sue storie grandiose e tragiche.
Nel IV secolo d.C. Aquileia divenne un centro molto rinomato dell’Impero, tanto da essere citata dal poeta Ausonio come la nona città più illustre del mondo di allora. Sotto l’imperatore Costantino visse una fase di rinascita e accolse nuovi grandiosi edifici pubblici come il circo e le terme. Sorse anche uno dei più importanti monumenti della cristianità: il complesso episcopale voluto dal vescovo Teodoro, che rappresenta il primo nucleo della famosa basilica di Aquileia.