Se Chiusaforte era la frontiera tra Regio X e Norico, Pontebba, poco più a nord, lo fu tra Austria-Ungheria e Italia. Sul ponticello sul Fella c’è un cippo che lo rammenta.
Il borgo e l’area circostante, contesa duramente durante la Prima guerra mondiale, marcano anche il limite tra il Canal del Ferro e la Valcanale, con quest’ultima che costituisce invece il solco tra le Alpi Carniche e le Giulie. Più avanti, a Camporosso in Valcanale, c’è un altro crinale: quello tra i bacini danubiano e adriatico. E proprio a Camporosso, paesino grazioso e curato, vocato al turismo sostenibile, c’era un punto di sosta di primaria importanza lungo l’itinerario commerciale creato dai Romani, lato Norico. Vi sorgeva una stazione per ispezionare merci e applicare dazi. Dal ritrovamento di are, iscrizioni e sculture si è dedotta la presenza del culto di Mitra, molto popolare tra i doganieri romani. Serviva a sostanziare lo spirito di corpo, precisa Paolo Casari, curatore dell’Antiquarium di Camporosso in Valcanale, dove i reperti sono esposti. Dall’ingresso, puntando lo sguardo verso l’alto, verso il profilo delle Alpi Giulie, si avvista il santuario del Monte Santo di Lussari, dedicato alla Madonna. È un luogo di culto caro a italiani, austriaci e sloveni, le tre popolazioni che condividono questi monti e queste valli. Tra i tanti incroci che connotano questo territorio c’è anche quello tra lingue e nazioni.
In età romana a Camporosso, in territorio norico, vi era la statio Bilachiniensis, appartenente alla circoscrizione doganale che comprendeva le regioni delle Alpi orientali, dell’arco Adriatico e del basso Danubio. Qui si sviluppò un abitato di una certa rilevanza fino alla tarda antichità. Vi risiedevano numerosi personaggi, soprattutto schiavi e liberti, impegnati nella gestione dell’appalto dei dazi, come ricordano varie epigrafi. Due di esse citano il restauro del tempio di Mitra.